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Prezzo delle pesche interviene il Governo


Secondo le organizzazioni di categoria degli agricoltori della provincia di Cuneo e l’Asprofrut di Lagnasco, la grande distribuzione e le industrie di trasformazione pagano le pesche ai frutticoltori attorno ai 20 centesimi al chilogrammo quando i costi da loro sostenuti per la produzione sono di almeno 30 centesimi al chilo.

Una situazione insostenibile di lavoro in perdita per gli imprenditori del settore che, negli ultimi anni, ha portato a una riduzione di oltre il 30% dei terreni della “Granda” coltivati a pescheto: il doppio della superficie persa in Italia.

“Se andiamo avanti così – affermano gli operatori del comparto – la provincia di Cuneo rischia di veder scomparire una della colture più caratterizzanti del territorio. Tutta la filiera deve riflettere profondamente sulla necessaria ristrutturazione dell’intero sistema che deve avere regole più trasparenti e una distribuzione maggiormente equa del valore del prodotto”.

La crisi, poi, diventa ancora più pesante con il persistere dell’embargo russo che blocca l’export italiano verso un importante mercato. Su questo fronte, però, il dicastero della Politiche Agricole, Alimentari e Forestali si è già attivato.

“In seguito alle nostre richieste formulate ad inizio agosto – sottolinea il viceministro, Andrea Olivero – la Commissione europea ha aumentato i quantitativi di ritiro delle pesche assegnando, in totale, all’Italia, oltre 7000 tonnellate”.

Ne potrà usufruire anche la provincia di Cuneo?

“Certamente. E lo ha già fatto in queste settimane. Il ritiro non è una soluzione decisiva, ma può quanto meno contenere l’impatto disastroso del crollo dei prezzi”.

Le organizzazioni di categoria, però, pongono un ulteriore problema di tutto il settore ortofrutticolo al quale occorrerebbe dare regole certe.

“Servirebbe estendere al più presto – dicono – l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della frutta trasformata in conserve e succhi per evitare che venga spacciata come Made in Italy quella importata dall’estero. Così come sarebbe necessario aumentare i controlli sull’ortofrutta fresca di importazione, spesso etichettata e venduta per nazionale”.

Con l’obiettivo di dare risposte concrete alle difficoltà del comparto il viceministro Olivero ha fortemente voluto, in stretto accordo con le organizzazioni dei produttori e la filiera, la nascita del Tavolo Nazionale Ortofrutta che, a breve, dovrà iniziare ad affrontare le problematiche e trovare delle soluzioni condivise.

Quali sono le prospettive concrete del Tavolo?

“E’ il luogo giusto per avviare una progettazione comune di tutta la filiera, dai produttori ai trasformatori e alla grande distribuzione. La crisi delle pesche e delle nettarine non è contingente e legata solo all’andamento del clima. Per questo bisogna valutare quali scelte sono da fare per risolvere i problemi strutturali: dalla produzione alla logistica fino all’export, dove purtroppo la nostra posizione in questo settore è arretrato negli ultimi anni”.

I benefici per la provincia di Cuneo?

“Siamo tra i maggiori produttori e le pesche rappresentano da decenni un orgoglio del nostro territorio. Per questo trovare una soluzione strutturale ai problemi è ancor più necessario per il Cuneese. Qui abbiamo un ulteriore fattore potenzialmente positivo: ci sono imprenditori del settore capaci e molto preparati che, sono certo, di fronte a un chiaro piano nazionale sapranno fare scelte nette e coraggiose per il futuro del settore. Naturalmente il Ministero e la Regione Piemonte dovranno accompagnare il percorso. Anche per questo il Tavolo Ortofrutta è necessario”.